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L’Ue accelera sulla transizione: natura, emissioni e “case green”
di ANTONIO OLIVA
L’obiettivo ambizioso che l’Unione europea si è posto è quello della neutralità climatica entro il 2050; tale obiettivo ha portato a delineare alcune strategie molto rigide sulla transizione ambientale ed energetica. Occorre poi ricordare che l’Unione europea si appresta a rinnovare gli Organi istituzionali con l’elezione del nuovo Parlamento europeo e la nomina della nuova Commissione: l’elezione dell’Europarlamento avverrà nel prossimo mese di giugno in tutta Europa.
In questa fine di legislatura tuttavia il Parlamento europeo ha assunto delle decisioni molto importanti che comportano impegni gravosi per i cittadini europei in generale e per gli agricoltori in particolare. Ci riferiamo specificatamente alle recenti norme sul ripristino della natura, sulla riduzione dell’inquinamento dell’industria e delle grandi aziende zootecniche e sulla efficienza energetica degli edifici, le cosiddette “case green”.
Il Parlamento europeo ha approvato infatti il 27 febbraio scorso, in seduta plenaria con 329 voti favorevoli, 275 contrari e 24 astensioni, la proposta di regolamento sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) che mira a garantire il ripristino degli ecosistemi degradati in tutti i Paesi dell’Ue, a contribuire al raggiungimento degli obiettivi europei in materia di clima e biodiversità e a migliorare la sicurezza alimentare.
Per conseguire gli obiettivi fissati dall’Unione europea, entro il 2030 gli Stati membri dovranno ripristinare il buono stato di salute di almeno il 30% degli habitat contemplati dalla nuova legge. Questa percentuale aumenterà poi al 60% entro il 2040 e al 90% entro il 2050. In linea con la posizione del Parlamento, fino al 2030 la priorità andrà accordata alle zone Natura 2000. I Paesi dell’Ue dovranno garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo. Inoltre, dovranno adottare piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio in che modo intendono raggiungere gli obiettivi.
Inoltre, il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il 12 marzo scorso l’accordo raggiunto con gli Stati membri sulla revisione della direttiva sulle emissioni industriali (IED) con 393 voti favorevoli, 173 contrari e 49 astensioni.
La nuova legge, che si pone l’obiettivo di ridurre le emissioni nocive degli impianti industriali e dei grandi allevamenti di suini e pollame per proteggere la salute umana e l’ambiente, prevede di estendere le misure sulle emissioni industriali agli allevamenti di suini con più di 350 Unità di bestiame adulto (Uba). Sono escluse le aziende che allevano suini in modo estensivo o biologico, e quelle che lo fanno all’esterno per un periodo di tempo significativo su un anno. Per il pollame, la direttiva si applica alle aziende con galline da uova in numero superiore alle 300 Unità, e alle aziende con polli da carne con più di 280 Unità. Per le aziende che allevano sia suini che pollame, il limite sarà di 380 Unità di bestiame adulto complessive.
La Commissione valuterà, entro il 31 dicembre 2026, se intervenire anche sulle emissioni derivanti dall’allevamento di bestiame, come i bovini, e la possibile istituzione di una clausola di reciprocità per garantire che i produttori al di fuori dell’Ue soddisfino requisiti simili alle norme europee quando esportano verso l’Ue.
L’Aula plenaria di Strasburgo ha adottato poi, sempre il 12 marzo scorso, in via definitiva le nuove regole per ridurre il consumo energetico e le emissioni di gas a effetto serra del settore edilizio.
La direttiva, denominata “case green”, che è stata approvata con 370 voti favorevoli, 199 voti contrari e 46 astensioni, si pone lo scopo di una revisione della normativa sulla prestazione energetica nell’edilizia, con l’obiettivo di ridurre progressivamente le emissioni di gas serra e i consumi energetici nel settore edilizio entro il 2030 e pervenire alla neutralità climatica entro il 2050.
Secondo la nuova normativa, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2030. In particolare, per gli edifici residenziali, i Paesi membri dovranno adottare misure per garantire una riduzione dell’energia primaria media utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. La nuova normativa non si applica agli edifici agricoli e agli edifici storici, e i Paesi membri possono decidere di escludere anche gli edifici protetti per il particolare valore architettonico o storico, gli edifici temporanei, le chiese e i luoghi di culto.
Occorre infine evidenziare che, sempre nel merito delle questioni europee, di recente Mario Draghi ha sostenuto che per completare la doppia transizione energetica e digitale nell’Ue servono investimenti per almeno 500 miliardi di euro l’anno. Questa valutazione è stata espressa in vista della presentazione del Rapporto sulla competitività dell’economia dell’Unione europea, chiesto dal Presidente dell’Esecutivo di Bruxelles, Ursula von der Leyen.
Le somme da mobilitare, secondo le indicazioni di Draghi, non sono compatibili con l’attuale dimensione del bilancio dell’Unione, che è nell’ordine dell’1% del prodotto interno lordo dei 27 Stati membri, ma allo stesso tempo superano anche le capacità di spesa a livello nazionale. In particolare, dovrà essere affrontato il tema dei costi dell’adesione di Ucraina, Moldavia e di alcuni Paesi dell’area dei Balcani. Stando alle stime elaborate dal Segretariato generale del Consiglio della Ue, solo l’estensione all’Ucraina della vigente Politica Agricola Comune (PAC) determinerebbe maggiori spese nell’ordine di 100 miliardi di euro in sette anni. A bilancio invariato, gli aiuti diretti destinati agli agricoltori dei 27 Stati membri dovrebbero essere tagliati del 20%. A tale proposito, occorre ricordare che l’incidenza degli stanziamenti per la PAC sul bilancio totale è già stata ridotta della metà: dal 60 al 30%. Ulteriori tagli metterebbero a rischio l’efficacia della politica agricola e la capacità del settore di garantire, assieme alle altre parti della filiera, la sicurezza alimentare.
Lo scenario sin qui delineato, a nostro avviso, desta molte preoccupazioni, non solo per il mondo agricolo ma, più in generale, per tutti i cittadini europei.
L’auspicio è che con il prossimo rinnovo degli Organi istituzionali dell’Unione europea si possano rivedere alcune strategie, nell’ambito della transizione ambientale ed energetica, che ad oggi costituiscono vincoli e oneri eccessivi da sostenere.
Milano, 15 marzo 2024